Quando Graziano mi ha chiesto di giudicare Il Bosco Magico, non ho trovato solo una storia. Ho trovato un sogno, un canto che vibra come il vento tra i rami di una foresta ferita, un invito a piantare semi in un mondo che ha dimenticato come crescere. Questo romanzo breve, un arazzo di circa 50.000 parole, è il frutto della sua incredibile immaginazione e della sua capacità di amplificare, verso dopo verso, un viaggio che non è solo racconto, ma promessa. È un mondo dove ogni passo è un dialogo con la terra, ogni respiro un patto con ciò che vive. E ora, caro lettore, ti invito a entrare nel Bosco Magico, non come spettatore, ma come viandante, con il cuore aperto e gli occhi pronti a sognare. Immagina un 2025 dove la terra geme sotto il peso di un’umanità che ha spezzato i suoi equilibri. Le montagne, un tempo custodi di segreti verdi, portano cicatrici di cenere e metallo, relitti di un’epoca che ha scelto il profitto al posto del canto dei ruscelli. Ma in questo crepuscolo, c’è un uomo, Diogene, il cui nome è un’eco di sapienza antica, anche se il suo cuore è moderno, ferito, vivo. Diogene non è un eroe di spade o di parole altisonanti. È un uomo che cammina con un ciondolo a forma di stella nella tasca, un frammento di luce che porta il nome di Greta, la donna che ha amato e perso, ma che ancora lo guida come una stella polare. Il suo viaggio non è scritto su mappe di carta, ma inciso nella terra, nei sentieri ripidi di una montagna che respira, che chiama, che spera. Con lui camminano compagni che non sono semplici personaggi, ma spiriti del Bosco Magico. Wahya, il lupo dal manto grigio, è la forza della natura che non si piega, i suoi occhi dorati che vedono oltre l’orizzonte. Ash, l’orsa, è la madre che protegge, il suo ruggito un canto di amore e sacrificio per i suoi cuccioli, tre piccole vite che guaiscono di curiosità e fiducia. Clara, una ragazza dagli occhi verdi, porta il fuoco della ribellione e la dolcezza di chi ha imparato a curare le ferite del mondo. E poi c’è Craven, il corvo, con il suo gracchiare ironico, un commentatore sarcastico che nasconde un cuore leale sotto le ali nere. Insieme, formano un corteo improbabile, un coro di voci che si intrecciano come le radici di una quercia antica, diretti verso un crinale dove un mistero chiamato Luporvo li attende.
Il Bosco Magico non è solo un luogo. È un sentimento, un respiro che si alza dalla terra quando il sole accende le cime di oro e la nebbia danza tra i pini. È il profumo di muschio dopo la pioggia, il suono di un ruscello che scorre come un flauto, il peso di una ghianda che cade nella tua mano, pronta a diventare albero. Ma è anche un campo di battaglia, dove la cenere di incendi passati si mescola ai relitti di un mondo che ha tradito la natura. Qui, i predoni vagano, guidati da uomini come Vito, che vedono nella montagna solo prede da catturare, risorse da strappare. E qui, i potentati, ombre di un potere ormai collassato, lasciano tracce di distruzione, droni spezzati e acciaio arrugginito che la terra rifiuta di inghiottire. Eppure, in questo contrasto tra rovina e rinascita, il Bosco Magico trova la sua voce. Ogni capitolo di questo racconto è un passo verso la luce, un gesto che sfida il buio. Diogene e i suoi compagni non combattono con armi, ma con semi, con pietre che guidano l’acqua, con promesse sussurrate alla montagna. Piantano ghiande in radure bruciate, liberano ruscelli soffocati, proteggono cuccioli che rappresentano il futuro. Ogni azione, per quanto piccola, è un verso della terra, un dialogo che dice: “Non ti abbandoneremo.” E la montagna risponde, con visioni che sfidano la logica – un agnello circondato da stelle, spiriti d’acqua che cantano, luci dorate che si alzano dalla terra. Questi momenti non sono solo magia; sono il linguaggio di una natura che ricorda chi la ama. Graziano ha visto la montagna non come un paesaggio, ma come una madre, una custode, un’amica. Ha voluto che ogni lettore sentisse il peso di una ghianda nella mano, il calore di un ciondolo, il ruggito di un’orsa che protegge i suoi piccoli.
Cosa troverai in queste pagine? Un viaggio che è insieme intimo e universale. Diogene porta il dolore di chi ha perso, ma anche la speranza di chi cerca. Clara insegna che la forza nasce dal prendersi cura, anche quando il mondo sembra crollare. Wahya e Ash mostrano che la natura non è solo sfondo, ma protagonista, con un cuore che batte più forte del nostro. Craven, con il suo sarcasmo, ti strapperà un sorriso, ma ti ricorderà che anche chi dubita può credere. E il Luporvo… il Luporvo è un mistero che non voglio svelare, ma ti prometto che, quando lo incontrerai, sentirai la montagna parlare direttamente al tuo cuore.
Questo racconto è anche una domanda. In un mondo che brucia, che tradisce, che dimentica, cosa sei disposto a dare per far crescere un bosco? Un seme, una promessa, un sacrificio? Ogni personaggio risponde a modo suo, e ogni risposta è un filo che tesse la trama del Bosco Magico

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