Facciamo un'analisi seria: quando si parla di soldati transgender, non possiamo ignorare il fatto che si tratta di persone che affrontano problematiche mediche specifiche. Non possiamo fare finta che non esistano.

Quando una persona si sottopone a interventi chirurgici come la vaginoplastica o la falloplastica, c'è bisogno di settimane, a volte mesi, di recupero. Questo significa che un soldato transgender potrebbe non essere in grado di svolgere il suo lavoro per un periodo abbastanza lungo. Questo non possiamo ignorarlo.

Poi c'è il tema dei trattamenti ormonali. I soldati transgender devono assumere testosterone o estrogeni per tutta la vita, e questo comporta dei rischi e delle difficoltà. Gli ormoni alterano il corpo, e se un soldato non è stabile fisicamente o psicologicamente a causa della terapia, potrebbe diventare un problema.

E per quanto riguarda il fisico, non è che si può fare finta che la terapia ormonale non influisca. Se un soldato transgender assume testosterone e aumenta la massa muscolare, non è lo stesso di un soldato che nasce con quella forza, e se assume estrogeni e perde muscoli, diventa fisicamente meno preparato.

L’esercito ha bisogno di soldati che siano sempre al massimo della forma fisica, e una persona che sta facendo questa transizione potrebbe non essere in grado di affrontare le sfide fisiche con lo stesso livello di preparazione di un soldato "normale".

In sostanza, parlare di “discriminazioni” è fuori luogo. La verità è che ci sono questioni mediche e fisiche reali che potrebbero influire sulla preparazione e sull’efficacia di un soldato transgender. Non è questione di essere giusti o meno, ma di capire che l'esercito ha bisogno di soldati pronti, senza dover gestire complicazioni in più. La motivazione e la preparazione sono importanti, ma la realtà fisica e medica è fondamentale.