π—Ÿ'π—œπ—‘π—–π—›π—œπ—˜π—¦π—§π—” π——π—œ π—₯π—˜π—£π—’π—₯𝗧 π—–π—”π— π—•π—œπ—” π—Ÿπ—” 𝗦𝗧𝗒π—₯π—œπ—” π——π—˜π—Ÿπ—Ÿπ—” π—£π—”π—‘π——π—˜π— π—œπ—” ...in Italia, nel bel mezzo della pandemia, non si facevano autopsie sui morti β€œper Covid”. Che venivano, di conseguenza, classificati come tali nonostante non ci fosse alcuna certezza in merito. Un dubbio che abbiamo coltivato tante volte, nel corso di quei mesi difficili, sfidando la censura di un Paese in cui ancora oggi si fatica a dire la veritΓ  sulla gestione dell’emergenza. Oggi, finalmente, Γ¨ arrivata la conferma.

Report, il programma condotto da Sigfrido Ranucci su Rai Tre, ha infatti mostrato in un servizio uno studio realizzato dall’Istituto Superiore della SanitΓ , in grado di riscrivere completamente la storia dell’emergenza Covid. Nel testo si legge: β€œIl 19% dei morti di Covid aveva anche infezioni batteriche. Su un campione di 157 pazienti positivi deceduti tra il 2020 e il 2021, addirittura l’88% aveva preso le infezioni proprio in ospedale, con punte del 95% di resistenza agli antibiotici”.

A conferma di quanto emerso dal dossier, Report ha intervistato Claudio D’Amario, direttore generale della prevenzione presso il ministero della Salute tra il 2018 e il 2020: β€œMolti di questi pazienti sono morti per la sepsi, non sono morti per il Covid. Morivano per questi germi che giravano negli ospedali”. Ufficialmente, perΓ², venivano tutti catalogati allo stesso modo: vittime del Covid.

Le autospie, purtroppo, non venivano effettuate. β€œC’è stato un problema metodologico – ha chiarito D’Amario – l’Istituto avrebbe dovuto rivedere tutte le cartelle, ma era una mole di lavoro imponente che nessuno si Γ¨ sentito di fare. Se andiamo a vedere quei decessi, almeno il 40% non aveva nulla a che fare con il Covid”

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