“a soli 31 anni ed incinta di un bambino, la Ferida fu uccisa dai partigiani all’Ippodromo di San Siro a Milano assieme a Valenti il 30 aprile 1945, con l’accusa di collaborazionismo e in particolare per aver torturato alcuni partigiani imprigionati a Villa Triste, a Milano, sede della banda Koch.

L’accusa si dimostrò infondata al vaglio di prove e testimonianze, e lo stesso Vero Marozin, capo della Brigata partigiana responsabile della sua morte, ebbe a dichiarare, nel corso del procedimento penale a suo carico per quell’episodio: «La Ferida non aveva fatto niente, veramente niente».

I due attori, infatti, pagarono ingiustamente con la vita la loro notorietà associata al regime fascista, ma non avevano alcuna responsabilità penale che potesse giustificarne la fucilazione per collaborazionismo.

Sembra ormai accertato, sulla base delle dichiarazioni rese da Vero Marozin in sede processuale (“Quel giorno – 30 aprile 1945 – Pertini mi telefonò tre volte dicendomi: “Fucilali, e non perdere tempo!”). Non c'è dubbio che il futuro Presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini abbia avuto pesanti responsabilità morali nell’uccisione della Ferida e di Valenti (v.”Odissea Partigiana” di Vero Marozin – 1966 – “Luisa Ferida, Osvaldo Valenti – ascesa e caduta di due stelle del cinema” di Odoardo Reggiani – Spirali 2001).

Pertini, oltretutto, si rifiutò di leggere il memoriale difensivo che Valenti aveva elaborato durante i giorni di prigionia, nel quale erano contenuti i nomi dei testimoni che avrebbero potuto scagionare i due attori da ogni accusa. La casa milanese di Valenti e della Ferida venne svaligiata pochi giorni dopo la loro uccisione. Fu rubato un autentico tesoro, di cui si perse ogni traccia”.

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