Italia 2050. Un racconto.
Italia, 2050. La nebbia è fitta. Dalla finestra non si scorge nulla. Il cielo, plumbeo e carico di nubi minacciose, non promette niente di buono.
Ti vesti velocemente per andare al lavoro. L’appartamento “statale” di 30 mq situato al quinto piano di un edificio ad “alveare”, è gelido. L’emergenza
climatica impone un rigido protocollo per l’utilizzo di qualsiasi fonte d’energia. Oggi è il turno dei riscaldamenti, domani della luce. Scendi di corsa
le scale. Sei in ritardo. Se non arrivi entro mezz’ora in ufficio sei fottuto. Il tuo QR code non ti consentirà di entrare e perderai la paga del giorno.
Prendi il primo monopattino libero. Oggi non puoi usare l’auto elettrica a noleggio, non è il tuo turno. Fa freddo. Ti tiri su il bavero della giacca,
indossi il casco ed i guanti. Ti metti in marcia. La città brulica di individui in maschera. Si parla di un nuovo virus proveniente dal sud America.
Il tuo smartphone vibra. In centro ci sono due zone rosse: una per ragioni sanitarie, dove due contagiati asintomatici sono stati prelevati dall’autorità
competente, l’altra per ragioni politiche, dove sono stati individuati due dissidenti rei di aver espresso opinioni contrarie all’austerità economica
imposta dal partito. Anch’essi sono stati prelevati e portati dinnanzi al giudice ad hoc per essere incriminati ufficialmente. Devi cambiare strada.
I minuti scorrono. Manca sempre meno alla scadenza dell’orario d’entrata. comporterà una decurtazione di due punti sul lasciapassare. Un altro punto in
meno e non potrai uscire dalla tua regione. Passi davanti ad un campo di calcio. Ricordi quando tuo nonno ti raccontava che si poteva giocare tra amici e
fare dei campionati amatoriali senza aver completato nessun ciclo vaccinale. Hai sempre pensato fosse una favoletta della buona notte. Quando lo raccontava,
però, i suoi occhi si gonfiavano di lacrime, la sua voce tremava oltremodo. A quel punto lo abbracciavi. Ti faceva tenerezza….”.Povero vecchio nostalgico”,
pensavi, “giocare tra ragazzi senza iniezione…” Arrivi in ufficio, manca poco alla chiusura delle porte. La bandiera degli “Stati Uniti d’Europa”, posta
sulla porta d’ingresso, volteggia nel cielo cinereo, fluttuando nella foschia del mattino. Scendi velocemente dal monopattino elettrico, quasi lanciandolo
sulla statua del banchiere che capeggia attigua all’entrata. Il suo sguardo, paternalistico e minaccioso, ogni volta uncina il tuo animo, quasi a spiarti
i pensieri, quasi a penetrarti nelle meningi. È con lui al governo che tutto ebbe inizio, quasi trent’anni fa. Prima presidente del consiglio, poi della
Repubblica, infine la svolta del presidenzialismo de facto. Finalmente giungi dinnanzi alla porta automatica. Appoggi il polso sullo scanner. La lettura
del chip e della temperatura corporea sono in corso. Sei ancora in tempo, sembra tutto apposto. Hai trentasei e mezzo, sei in orario, eppure qualcosa non va.
Ti è negato l’accesso. Sei nervoso. La guardia si avvicina all’uscio. ” Cosa c’è? chiedi urlando “Perché non apre?? Sta per scadere il tempo!!!!” .
Il tizio ha lo sguardo di ghiaccio. Senza emozioni, senza pietà. ” Il display mi dice che le sono stati appena decurtati tre punti per aver abbandonato in
un luogo non consentito il mezzo di trasporto a lei affidato e questo non le consente di varcare l’uscio. Si vergogni, proprio nel giorno in cui si
celebrano i trent’anni dall’inizio della campagna vaccinale”!!. Sconsolato, torni indietro. Intorno a te solo un insensato andirivieni di uomini senza volto.
Nessun sorriso. Nessuna umanità. Devi tornare a casa a piedi. Il tuo QR code non ti consente di riprendere il due ruote che hai prima parcheggiato
impropriamente. Domenica non potrai andare a trovare tua madre. La casa di riposo in cui alloggia è fuori città, oltre i confini regionali. Non ne hai le
credenziali, il tuo credito sociale non lo consente. Decidi, col cuore in gola, di chiamarla. ” Mamma sono io….Senti questo fine settimana non potrò….”
Lei ti interrompe, ha già capito. ” Tranquillo amore mio, non ti preoccupare. Lo so che non è colpa tua. Sarà per il mese prossimo. Ti voglio bene”.
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